Porta Nuova-Garibaldi, Milano 2009-2012
Quest’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alle voci e ai suoni della città
Il mio lavoro nella città fa dell’attenzione verso “l’altro” uno dei suoi temi fondativi. Nello spazio urbano le mie opere pubbliche sono caratterizzate da un approccio metodologico ben preciso: scendere dal piedistallo retorico sul quale il sistema dell’arte pone l’artista nel tentativo di scardinare una logica obsoleta secondo la quale l’opera pubblica atterra nello spazio urbano come un oggetto alieno, senza relazioni con il contesto sociale ed urbanistico nel quale si innesta. A mio modo di vedere solo se “sentita”, partecipata e compresa dai cittadini l’opera può vivere e funzionare nella città. Toccare la sensibilità dei cittadini, dedicare a loro ogni progetto è per me strumentale, parte integrante di un processo che consente all’opera pubblica di funzionare, di mettersi in moto, di avere una vita propria all’interno del tessuto urbano. E la mia opera per il progetto Porta Nuova Garibaldi prende forma proprio nel tentativo parallelo di entrare in relazione da un lato con l’architettura stessa che la accoglie, dall’altro con le persone che fruiranno quello spazio: cittadini, passanti, frequentatori casuali o quotidiani. Il progetto si sviluppa in verticale attraversando l’architettura per quattro livelli, confrontandosi con i limiti imposti dalle esigenze della committenza, dalla specificità dell’architettura e dagli obblighi funzionali dell’edificio. Ventitre tubi in metallo cromato ottone si allungano attraverso il cavedio vuoto che permette il ricircolo dell’aria dai piani del parcheggio a quelli superiori, mettendo in relazione luoghi e spazi dell’architettura tra loro apparentemente distanti e privi di relazione visiva. Il sistema di elementi in metallo cromato in ottone, non solo assolve ad una funzione tecnica, pratica e decorativa – è una grande balaustra scultorea che separa i visitatori dal cavedio – ma costruisce all’interno dell’organismo architettonico una nuova mappa, una geografia di suoni che mette inaspettatamente in relazione tra loro punti diversi dell’architettura. Saranno le parole delle persone e i rumori della città a dare vita all’opera e far sì che questa, come un grande strumento musicale nel cuore dell’architettura, possa caricare di nuovo senso uno spazio tecnico dell’edificio. Attraverso ogni tubo – il materiale è stato scelto pensando alle sue caratteristiche acustiche – è possibile, appoggiando l’orecchio in coincidenza della sua apertura, ascoltare suoni, rumori, parole provenienti da un altro punto dell’edificio, senza sapere quale questo sia o dove questo si trovi. L’opera, come un sistema venoso all’interno della struttura, trasporta i suoni della città e le parole dei cittadini. Il grande vuoto che così attraversa l’architettura diverrà in questo modo un dispositivo di relazione e non di separazione, una cassa di risonanza e di propagazione. Il progetto genererà una sorta di gossip positivo, un passaparola infinito, metafora della forma stessa della città e del sistema dell’informazione contemporaneo. Sulla pavimentazione nei pressi dell’Opera sarà incisa sulla stessa pietra una breve didascalia per consentire ai cittadini di capire meglio il significato del progetto. Eccone il testo: “Questi tubi collegano tra loro vari luoghi e spazi dell’edificio. Quest’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alle voci e ai suoni della città”.